Stefano Cappellini, Pd-5S, cambio di fase. La segretaria ha perso la fiducia nell'alleato, la Repubblica, 16 aprile 2024
C’è un luogo comune al quale Elly
Schlein non crede, quello secondo il quale la situazione tra lei e
Giuseppe Conte migliorerà dopo le Europee. Su questo Schlein non si fa
più illusioni. Pensa che non sia solo la competizione elettorale a
muovere gli attacchi di Conte e che non sarà il superamento delle urne a
trasformare le tensioni di queste settimane in un proficuo rapporto tra
convinti alleati.
I
giorni seguiti alle inchieste giudiziarie in Puglia e Piemonte hanno
cambiato in modo radicale, forse definitivo, il rapporto tra la
segretaria dem e il capo grillino. Ora dominano sfiducia e
risentimento. Non sono più solo schermaglie dialettiche o fiammate
polemiche. Schlein ha capito che l’obiettivo di Conte è far male al
Pd, e non solo per insidiarlo alle Europee. «Ci trattano come la banda
del buco», è stato lo sfogo di Schlein dopo una delle ormai quasi
quotidiane punture di Conte sulle grane giudiziarie di esponenti locali
del Pd. Questo non significa che Schlein abbia rinunciato alla
costruzione del cosiddetto campo largo, anche se nel partito non manca
chi chiede una rottura drastica, ma c’è la consapevolezza che da qui
alla fine della legislatura ci sarà da costruirlo in condizioni
difficilissime e senza alcuna garanzia sulle intenzioni finali dell’ex
presidente del Consiglio.
Schlein ha deciso di non lasciar più correre gli attacchi scomposti,
come accadde qualche mese fa alla presentazione del libro di Roberto
Speranza, quando Conte diede di «bellicista» e «poltronista » al Pd sotto il
naso della segretaria che non ritenne di replicare, se non il giorno
dopo. Le dichiarazioni di queste ore confermano che il rapporto è
entrato in un’altra fase. La leader non vuole però nemmeno correre il
rischio di trasformare la campagna elettorale in un match Pd-5S.
L’obiettivo, si vedrà quanto realistico, è sottrarsi al tormentone del
campo largo e puntare finalmente a consolidare il Pd, anche per
smetterla di trasmettere agli elettori l’idea che i dem non facciano
alcun affidamento sulle proprie possibilità autonome e siano appesi
agli umori di un alleato mezzo insultante e mezzo riluttante.
In questi due mesi scarsi che mancano al voto europeo la comunicazione
sarà centrata contro governo e Giorgia Meloni, confidando in una
polarizzazione del voto e sfidando il fresco precedente: ci puntò anche
la campagna di Enrico Letta, che dei 5S fece a meno davvero, e non
funzionò. A vantaggio del tentativo di Schlein c’è che, a meno di
sorprese, sia lei che Meloni saranno candidate all’Europarlamento, a
differenza di Conte. Proprio questa asimmetria è una delle ragioni che
alimenta nel Pd il pessimismo sulle relazioni con il M5S, perché la
necessità di rimediare a questo squilibrio spingerà Conte a sfruttare
ogni occasione per riguadagnare spazio e scena. Una delle cose che più
ha indispettito Schlein, vicende giudiziarie a parte, è stato il
tentativo di Conte di far passare l’idea che la politica estera del Pd
sia schiacciata su quella di Meloni. Nel Pd tutti sono convinti che ci
sia premeditazione negli schiaffi assestati al Pd: la lettura è che
l’ex presidente del Consiglio alzi la polemica perché sa di avere liste
senza nomi forti — alle Europee si vota con le preferenze — e teme di
restare schiacciato da un voto orientato sui due partiti principali.
Resta il problema di fondo: come si metterà in piedi un’alleanza con
un leader il cui scopo esplicito è spianare l’alleato? Tra i dem c’è
chi spera che Conte possa inciampare alle Europee e si riapra una
contesa interna ai 5S per la leadership, ma è una previsione un po’
strampalata, non solo per i sondaggi che dicono altro, ma anche perché
non si vede chi nel Movimento possa insidiare Conte e peraltro con quali
benefici rispetto all’intesa con il Pd. Schlein tiene aperti i canali
con gli alleati alla destra del Pd, Carlo Calenda, Emma Bonino e pure
Matteo Renzi, con il quale le capita di parlare al telefono. Fare a
meno di una gamba centrista nell’alleanza sarebbe suicida, sebbene
questo alzi ancora di più il coefficiente di difficoltà nel mettere
insieme i pezzi della coalizione. Il resto lo faranno i risultati
elettorali, anche qui senza troppe illusioni: se Conte andrà forte, non
potrà che salire di livello la sfida al Pd per l’egemonia; ma se il M5S
non dovesse andare bene, sarà anche peggio. È probabile che cercherà di
recuperare come ai tempi dello sgambetto a Draghi e della corsa
elettorale in solitaria.
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