Ci sono vari modi per pensare al di là dell'immediato. Il modo nostalgico rovescia la questione, si allontana dall'immediato guardando all'indietro. Il presente viene visto con le categorie del passato. È questo un modo per segnalare il cambiamento senza precisarne il contenuto. Il mondo non è più quello di prima. Non è dato sapere meglio che cosa è diventato. Il passato che domina lo sguardo impedisce di dare forma a un presente che sembrerebbe amorfo e privo di carattere. La cultura della sinistra tanto moderata quanto radicale è racchiusa da tempo immemorabile in un simile vicolo cieco. Di questo Berardinelli nel suo articolo non parla. Altri due modi per pensare al di là dell'immediato sono invece quelli da lui considerati. Con lo sguardo del prigioniero, una visione apocalittica e feconda permette di dare rilievo agli ostacoli sulla via di un progresso ritenuto pur sempre possibile. L'altro modo deriva dalla posizione distaccata dell'osservatore che si situa a mezz'aria, al di sopra della mischia, e non si lascia trascinare dalle passioni miopi degli indigeni rimasti a terra.
Alfonso Berardinelli, Calvino e Fortini, due modi opposti per pensare al di là dell'immediato, Il Foglio, 19 maggio 2023
In una rivista accademico-militante come Allegoria (sottotitolo: “Per uno studio materialistico della letteratura”), fondata e diretta da Romano Luperini, trovo un ampio studio di Davide Dalmas sulla saggistica di Franco Fortini e una breve recensione a un libro sulla saggistica di Calvino. E’ un buon segnale, perché di solito poeti e narratori sono trascurati nella loro anche eccellente produzione di saggisti. Il caso Pasolini ha rovesciato l’ordine di importanza fra il saggista e il poeta: in quanto pamphlettista “corsaro” e “luterano” ha quasi messo in ombra il poeta, valutazione, questa, che personalmente condivido. Sta di fatto che anche Calvino, in modo meno clamoroso ma significativo, ha concluso la sua attività con tre libri che tuttora, a distanza di decenni, appaiono più riusciti e interessanti di molti suoi volumi di narrativa. Le postume “Lezioni americane”, gli articoli di “Collezione di sabbia”, nonché “Palomar”, i cui capitoli sono saggi mascherati da racconti, valgono non meno che “I nostri antenati” e “Se una notte d’inverno un viaggiatore”.
Nella triade Fortini-pasolini-calvino non si sa quali siano state le coppie oppositive più cariche di tensione. Sembra che siano vissuti in tre pianeti lontani. Ma in fondo è stato proprio il più rigoroso e giudicante Fortini a essere stato in rapporti di relativa amicizia sia con Pasolini sia con Calvino, frequentato alla Einaudi. Verso la fine degli anni Settanta, sembrò per un momento che in casa Einaudi girasse un’ipotesi di nuova rivista internazionale, qualcosa di simile al Menabò di quasi vent’anni prima. Direttori avrebbero dovuto essere proprio gli inconciliabili Calvino e Fortini. Quest’ultimo aveva proposto me come redattore, e perciò ci incontrammo a Milano con Calvino a casa di Fortini. La vicinanza fisica dei due in una stessa piccola stanza aveva qualcosa di innaturale. Furono d’accordo sulla scelta dei due direttori stranieri aggiunti, Starobinski e Enzensberger, il grande critico letterario e l’imprevedibile saggista eclettico. Ma per il resto non capivo come avrei fatto a mediare fra Calvino e Fortini: il primo non faceva che tacere, il secondo non smetteva di parlare. Un paio di mesi dopo, con mio sollievo, il progetto di rivista fu accantonato, non so per quali motivi. L’ambiente Einaudi di quegli anni, con Giulio Bollati polemicamente in uscita, non piacque affatto neppure ame. Calvino e Fortini continuo a vederli inconciliabilmente accanto in quella piccola stanza. Uno troppo reticente e l’altro troppo eloquente.
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