mercoledì 3 dicembre 2025

Un programma per il futuro del paese

Pierluigi Ciocca
Un programma minimo per il paese fermo

il manifesto, 3 dicembre 2025

L’economia italiana continua a ristagnare. Dalla crisi della lira del 1992 il Pil reale è cresciuto a stento solo dello 0,7% l’anno, il peggior risultato dal tempo di Cavour. È prevedibile che l’intera legislatura si concluda nel 2027 con un simile, deludente, esito.

Nell’arco di un trentennio i politici non hanno provveduto, le imprese hanno investito poco e il progresso tecnico si è pressoché annullato. Dal 2014 l’occupazione è aumentata e la disoccupazione è scesa, ma solo perché i salari sono diminuiti e, essendo carenti gli investimenti, il lavoro ha sostituito capitale. Non è buona occupazione: è mal pagata, a bassa produttività, a scadenza o precaria, inferiore alle aspirazioni dei giovani, che emigrano.

Una azione di governo per la crescita e per la buona occupazione è necessaria, sebbene non sufficiente qualora le imprese non rispondano investendo e innovando. Le linee di tale azione – dopo l’ennesima legge di bilancio irrilevante per dimensione e contenuti – sono riassumibili, anche perché proposte invano, reiteratamente, dai migliori economisti.

Pubbliche finanze. Risparmi nei contratti di appalto e fornitura più esosi per lo Stato, nei trasferimenti della Pubblica amministrazione alle imprese, nelle spese militari, nel costo del debito devono unirsi a maggiori entrate da concessioni non più smaccatamente favorevoli ai concessionari e dal contrasto a una evasione oscena. Aprirebbero ampi spazi di risanamento dei conti della Repubblica, tuttora indebitata per il 140% del Pil.

Investimenti pubblici. Sono drammaticamente diminuiti dal 2009, con scadimento delle infrastrutture. Messa in sicurezza del territorio e dell’ambiente, sanità, istruzione, ricerca li richiedono con priorità assoluta anche perché il Pnrr è stato disperso in mille rivoli con moltiplicatore della attività economica inferiore all’unità ed è prossimo a scadere. Oltre alla utilità immediata questa spesa nel medio periodo può non gravare sui conti. Si autofinanzia, se il moltiplicatore è sufficientemente alto, con conseguenti aumenti di gettito e minori uscite per altre voci.

Distribuzione del reddito. La ripartizione degli averi è sperequata. Quasi sei milioni di italiani sono poveri, 13 milioni rischiano di diventarlo. Un riequilibrio si impone per ragioni di equità. Inoltre la progressività distributiva diffonde professionalità, potenzia il capitale umano, favorisce la crescita.

Concorrenza. Negli ultimi decenni profitti e rendite sono stati cospicui, a scapito dei salari, sebbene le imprese abbiano investito e innovato meno del passato. Se gli utili resteranno «facili» le imprese continueranno a investire poco, innovare poco, sostituire lavoro a capitale, con scarsa dinamica della produttività. Lo stimolo della competizione sulle imprese è presupposto essenziale dello sviluppo economico. Una volta assicurato il pieno utilizzo delle risorse non è compito dello Stato garantire il profitto, spacciando l’intento per una fantomatica «politica industriale» che regala danari pubblici ai privati, come la Confindustria non smette di chiedere.

Mezzogiorno. Il reddito pro capite del Meridione resta quasi la metà di quello del Nord, che pure vorrebbe una autonomia regionale favorevole, detta «differenziata». Il Sud progredirà solo se l’intera economia tornerà a crescere. E tuttavia una specifica azione che ne promuova lo sviluppo è indispensabile. Oltre ai migliori servizi – presupposto anche del turismo – vanno concentrati al Sud gli investimenti pubblici in infrastrutture e un nuovo «Iri», gestito in autonomia dalla politica, dovrebbe effettuarvi gli investimenti produttivi che i privati non realizzassero.

È fondamentale che questi indirizzi siano rivolti alla tutela delle categorie sociali che hanno sofferto e soffrono per il ristagno dell’economia. In una o più vesti si tratta di decine di milioni di cittadini: i salariati, i pensionati, i poveri, i contribuenti, i risparmiatori, gli anziani, i malati. A una tale, potenziale maggioranza va proposto un programma chiaro, in cui essa si riconosca e la induca a tornare al voto nell’interesse proprio e per il progresso generale del Paese.

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