Paolo Verri
Montale, 50 anni fa il Premio Nobel per la Letteratura
La Stampa, 10 novembre 2025
«Nella attuale civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell’uomo robot, quale può essere la sorte della poesia? Le risposte potrebbero essere molte. La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto. L’incendio della Biblioteca di Alessandria ha distrutto tre quarti della letteratura greca. Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni. Ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda. Che l’orto delle Muse possa essere devastato da grandi tempeste è, più che probabile, certo. Ma mi pare altrettanto certo che molta carta stampata e molti libri di poesia debbano resistere al tempo». Questo brano è il cuore dell’intervento che Eugenio Montale preparò e lesse in occasione del Nobel, attribuitogli dall’Accademia di Svezia nel dicembre del 1975.
Lo attendeva, ma pensava che alla fine non sarebbe arrivato – tra i candidati di quell’anno c’erano anche Jorge Luis Borges e Simone De Beauvoir, che non lo ricevettero mai, e Saul Bellow, che lo ricevette un anno dopo. Sono passati cinquant’anni esatti, gli stessi che separavano il Nobel dalla pubblicazione della prima plaquette di poesia pubblicata dal poeta genovese: il merito della scoperta va a Piero Gobetti, pochi mesi prima di fuggire verso la Francia dove morirà ancora prostrato dalle percosse dei fascisti e da una salute resa cagionevole da ritmi di lavoro impossibili. Giusi Baldissone, poetessa e studiosa di Montale da poco scomparsa ci ricorda in un suo componimento del 2011 la dedica del poeta giovane all’editore giovanissimo: «Quando andiamo / tutti all’estero?/ scrive il ventotto aprile / del mille novecento venticinque». Montale stesso racconta di averlo salutato alla stazione di Genova ma la testimonianza è controversa, forse una aspirazione più che una realtà. Quel che è certo è che gli Ossi di seppia usciti a Torino nel 1925 segnarono molte generazioni e colgono nel segno ancora oggi, più che mai.
Peraltro, si potrebbe pensare che Montale il Nobel l’abbia “conquistato” con una sola poesia, la più antica di quelle pubblicate, scritta quando aveva vent’anni: Meriggiare pallido e assorto, che è del 1916, e che il suo traduttore in svedese, l’italianista Andres Osterling, presidente dell’Accademia, l’abbia potuto scegliere proprio per quella straordinaria lirica giovanile – scrisse infatti della poesia montaliana: «Il suo stile lirico ha attinto dal severo profilo del paesaggio della costa ligure, con un mare procelloso che si abbatte contro i bastioni di rocce scoscese». Fu riflettendo proprio su questa prima poesia, sulle diverse edizioni degli Ossi pubblicate da Mondadori e sul racconto del Nobel fatto da Domenico Porzio, di cui ospitiamo l’archivio, che come Fondazione Mondadori ormai due anni fa pensammo di rendere omaggio a questo doppio anniversario, candidando ad un bando del ministero della Cultura – in collaborazione con Palazzo Ducale e con la casa editrice Electa – un lavoro di costruzione di nuovo immaginario. Nacque così la prima mostra Meriggiare pallido e assorto. 100 immagini per i 100 di Ossi di seppia, in cui nella sua Genova tre bravissimi giovani fotografi italiani contemporanei, Iole Carollo, Anna Positano, Delfino Sisto Legnani, rileggevano Montale fotografando la Liguria e l’Italia contemporanea.
Torniamo oggi sul tema, in occasione di BookCity 2025, indagando con più attenzione il rapporto tra Montale e Milano. Se Genova è la città natale in cui si annidano i ricordi da cui nasce la poesia montaliana, se Firenze è il luogo in cui – tra le due guerre – con la direzione del Gabinetto Vieusseux, Montale si afferma oltre che come poeta come intellettuale di riferimento di una generazione che non si sottomette al fascismo, ma con consapevolezza ne attende la fine e guarda all’Europa come orizzonte, Milano è certamente il porto naturale per Montale scrittore. Le sue cronache dalla Scala, le sue traduzioni richieste dagli editori del principale centro nazionale di diffusione culturale – memorabile quella dell’Amleto pubblicata in una cofanetto rilegato da Longanesi nel 1971 - potenti i legami con personalità quali Alberto Mondadori che lo convince a pubblicare nel 1966 Auto da fè come primo titolo della sezione Saggi di arte e letteratura della collana Cultura del Saggiatore, Milano è lo snodo necessario in cui stare al centro di un mondo che è potentemente cambiato e dentro il quale il poeta più che lasciare tracce serba profondi legami. Così, dopo la mostra di Genova curata da Ilaria Bonaccossa, è nata Montale. Milano Stoccolma Genova, allestita con straordinaria cura e passione da Rossella Marino in collaborazione con la Biblioteca Sormani, a cui il poeta donò tutta la sua collezione di libri che teneva con sé in via Bigli, dove abitava. Come scrive la stessa Marino, è il racconto della «Milano letteraria, quella della Scala, delle gallerie e e delle redazioni dove Montale trascorse gli anni della maturità.
Quando arriva a Milano nel 1948, a cinquant’anni, Montale ci va per un motivo: perché gli danno un lavoro. Al Corriere della sera. Non è la Roma dei salotti letterari, non è la Firenze raffinata: è la città in cui si ha la possibilità di vivere liberi da briglie mondane, di perdersi tra quei passanti che non passeggiano, marciano, e lasciano liberi i poeti, forse anche li scansano per lasciarli liberi». Così, all’ingresso della mostra, si trova una mappa della Milano di Montale, curata da LetMi, un progetto del Comune di Milano che coniuga lettura e turismo: vi consigliamo di scaricare l’app e di percorrere i 44 minuti di storia della città e della poesia che ne emergono. Spicca un luogo tra gli altri, la cosiddetta “quercia di Montale”, caduta purtroppo il 24 ottobre 2019; aveva circa 200 anni, era alta dieci metri e non è stata trasportata via, ma accompagnata solennemente verso la fine, grazie all’interesse della scrittrice Paola Pastacaldi. La rappresenta proprio così il poeta, nella raccolta La bufera: «Quercia pronta a spiegarsi su di noi / quando la pioggia spollina i carnosi / petali del trifoglio e il fuoco cresce». Prendete un libro, un libro di poesie che vi piace, meglio se di Montale stesso, andate ai Giardini Montanelli in via Palestro a Milano, leggete, scrivete, ispiratevi e – se vi piace - mandateci un vostro testo, una foto, un audio. Il nostro indirizzo è info@fondazionemondadori.it. Sarà il segno di un cammino che continua, nelle città di Montale

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